Per rubarne la vigoria fisica gli anitchi Greci indossavano la sue pelli durante i riti di Dionisio .
Mentre i Celti lo adoravano sotto le sembianze di Cernunno, dio dell'abbondanza con le grandi corna, e portavano i suoi talismani ( corna, denti , peli, droghe, grasso dell'animale mischiati con erbe) per affrontare le mille difficolta' della vita.
Per Sant ' Ambrogio e San Bernardo il cervo rappresenterebbe l'immagine di Cristo che schiaccia sotto i piedi il serpente, simbolo della potenza infernale.
Sono solo tre esempi, ma sufficenti per testimoniare il ruolo che quest'animale rappresenta nel nostro immaginario.
Non sempre questo ruolo lo ha salvato dalle offese.
E dalla morte.
Se nell'antichita' veniva considerato un dio sino a l'altro ieri e' stato soprattutto un ambito trofeo di caccia.
E non e' un caso che all'inizio dell'800 nelle foreste del Casentino era praticamente scomparso.
Oggi, fortunatamente, la situazione e' cambiata.
Il dio pricipe della foresta e' tornato.
Imponente, forte nella corsa, esuberante nel portamento, maestoso quando mette in mostra il gigantesco palco di corna, il cervo e' tornato in forze sulle montagne.
Popola i boschi , di cui e' l'incontrastato dominatore.
E, in autunno, lacera il silenzio delle notti con il suo possente bramito, la sua voce inconfondibile, una sorta di muggito rauco e profondo, colonna sonora della stagione degli amori.
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